1992, IL CASTELLO A DIECI PIANI: un'esperienza di animazione teatrale

INTRODUZIONE

Il castello a dieci piani è un percorso immaginativo concepito dall'autore e regista teatrale Francesco Silvestri. Si tratta, in pratica, di un viaggio verso la crescita e la conoscenza attuato attraverso giochi, prove di abilità e lavorii dell'immaginazione.

La stesura originale del progetto risale al 1972, mentre è del 1984 una prima rielaborazione compiuta con l'apporto dello psicologo e psicoterapeuta della Gestalt Antonio Natale.

Nelle pagine seguenti verrà presentata una sintesi del lavoro compiuto con i bambini del 72° circolo didattico di Pianura dal 7 febbraio al 20 maggio del 1992, con la guida degli animatori Gaetano Vergara e Franco Zaccaro ed il coordinamento dello stesso Francesco Silvestri.

Al di là del suo valore documentale, speriamo che questa sintesi possa servire anche da canovaccio-guida per tutti quegli insegnanti e animatori che fossero intenzionati a compiere esperienze di questo tipo con i loro gruppi di lavoro. Naturalmente, il canovaccio andrà di volta in volta adattato rispetto alle variabili fisiche, sociali e psicologiche in cui l'animatore o il maestro si troverà ad operare (ambiente, materiali e strumenti di lavoro presenti, giorni ed ore a disposizione, numero ed età dei partecipanti, problematiche e carenze specifiche individuate nel gruppo di lavoro).

 

CANOVACCIO-GUIDA DEL CASTELLO A DIECI PIANI

 

- I -

Gli animatori fanno disporre i bambini in cerchio ed esordiscono con il tono di chi sta raccontando una favola: "C'era una volta un gruppo di amici che si trovava su un prato. Era una bella giornata di sole e gli amici decisero di sedersi per terra e mettersi a giocare...".

Mentre raccontano, si siedono a terra e fanno cenno ai bambini di fare lo stesso. Comincia qui il difficile compito di far entrare il bambino nella favola fino a farlo sentire parte del narrato e farglielo rivivere attraverso il gioco e l'immaginazione.

Il racconto deve essere condotto con calore e trasporto. Il narratore deve variare opportunamente toni, intonazioni e ritmo della voce in modo da vivacizzare l'esposizione e stimolare interesse, partecipazione e fantasia.

Quando sono tutti seduti per terra e sembrano essere entrati nella storia, si propongono dei giochi di socializzazione. Attenzione, però, questi giochi non devono spezzare il filo narrativo, ma integrarsi nella favola. In pratica, l'animatore deve rivolgersi ai bambini facendo come se stesse parlando alla cerchia di amici seduti sul prato.

Si comincia con giochi a carattere collettivo che sono un po' come esercizi di riscaldamento utili a creare un'atmosfera rilassata e gioiosa e a introdurre il gruppo in una dimensione di libertà espressiva e immaginativa. Rispondono bene a questo intento giochi come "l'applauso", "il direttore d'orchestra", "l'applauso a manovella", e tanti altri che saranno presentati nel secondo numero della presente collana nella sezione dedicata ai giochi di socializzazione.

Nel loro insieme, tutti queste attività rispondono anche all'esigenza di abituare il bambino a sentire la voce dell'animatore come la voce che gli stimola l'immaginazione e lo fa divertire in modo creativo e nuovo.

Nel bel mezzo dello svolgimento dei giochi, il narratore avverte che il tempo sta cambiando e sta per alzarsi un forte vento. Cominciano tutti ad ondeggiare.

Per il momento, è probabile che i bambini siano ancora in una fase imitativa, quindi è opportuno che gli animatori li stimolino cominciando essi stessi ad ondeggiare come spinti dal vento. Tuttavia, nel corso dell' azione, i bambini dovranno abituarsi gradualmente a rappresentare le imprese suggerite dal narratore in modo libero e spontaneo.

Dopo il vento, le nuvole. Poi comincia a piovere. Piove a dirotto. E' una pioggia strana, una pioggia che rende invisibili. Ognuno si guarda intorno e non vede più nessuno dei suoi amici.

Senza troppe spiegazioni razionali, l'animatore deve convincere i bambini che ora sono diventati tutti invisibili, che gli altri amici non possono più vederli, che da questo momento sono tutti completamente soli. Da collettivo il gioco si fa individuale. Sebbene i bambini continuino a seguire la voce dell'animatore in gruppo, ognuno deve agire in modo personale.

In questa fase può essere ancora opportuno che un animatore si unisca al gruppo di amici ed esegua le prescrizioni del narratore, così da fare da esempio per i bambini.

  

LA MEMORIA

"Mentre giochiamo, Franco osserva che il tempo sta cambiando e sta soffiando un forte vento. Io comincio ad ondeggiare e rabbrividire per stimolare un atteggiamento imitativo nei bambini.

Franco avverte che il tempo si è fatto nuvoloso; che comincia a piovere; piove a dirotto. Io e i bambini ci alziamo in cerca di riparo.

Franco osserva che la pioggia sta rendendo tutti invisibili. Io fingo di non vedere pi¨ nessuno. Franco grida che si intravede una grotta. Insieme, Franco ed io, simuliamo il varco della grotta con braccia e mani".

(Gaetano, 10/05/92)

 

A questo punto il narratore fa entrare il nostro eroe nella grotta. La grotta si fa sempre più bassa e più buia. L'eroe è costretto prima a piegarsi e a procedere carponi, poi a strisciare. Si ferma per un po' nella grotta che trova umida e calda. Intravede un puntino di luce in lontananza. Desidera uscire. Torna a strisciare in modo sempre più affannato e concitato verso la luce. Il puntino diventa un fascio luminoso che si fa sempre più grande fino a rivelare un'apertura. Il nostro eroe può finalmente uscire dalla grotta e dal buio.

In questo stadio, l'immaginazione dei bambini può essere stimolata creando il buio intorno a loro - per esempio abbassando le tapparelle - e usando semplici oggetti - come tavoli, sedie o persino le mani - per simulare la grotta ed il suo restringimento.

Uscito dalla grotta, il nostro eroe si trova in una valle circondata da montagne altissime. C'è molta luce. Troppa. Una magica nebbia fosforescente brilla nell'aria. Degli amici nessuna traccia. Il bambino-eroe intravede un castello in lontananza. Vuole raggiungerlo, ma al primo passo rotola giù da un pendio.

Si ode la voce di un MAGO (ovviamente, un animatore) che dà il benvenuto nella valle misteriosa e annuncia che da questo momento capiteranno cose strane e meravigliose. La voce avverte il nostro eroe che se vuole rivedere i suoi amici deve dirigersi al castello, percorrendo un cammino infestato di trappole e tranelli. Poi si sente una risata sguaiata e perfida, e più nulla.

Fin da questa prima apparizione, una sorta di jingle deve accompagnare la voce del mago come la sigla di uno stacco pubblicitario. Può essere sufficiente anche una risata malefica in apertura e chiusura di discorso, un battito di mani o un colpo battuto su una qualsiasi superficie. Ciò per caratterizzare il mago e richiamare l'attenzione dei bambini sui suoi interventi.

Il primo incontro può essere concluso fermandosi a questo punto di alta tensione drammatica. In questo modo si stimoleranno le attese e le aspettative dei bambini e si metterà in moto la loro immaginazione su quanto è accaduto e su quanto potrà accadere nel seguito del percorso.

- II -

Al secondo incontro, prima di riprendere la narrazione, gli animatori mostrano un'illustrazione del percorso già compiuto. Magari si possono mostrare mappe del percorso e disegni realizzati dagli stessi bambini al termine del primo incontro. In ogni modo, è opportuno offrire illustrazioni allusive e con pochi dettagli, per non sviare il bambino dalla visione della scena che egli ha concepito nella sua fantasia. "Se noi permettiamo a un illustratore di determinare la nostra immaginazione, essa diventa meno nostra, e la storia perde molto del suo significato personale" (Bettelheim, 1977). E' invece di assoluta importanza che i bambini si approprino della storia in maniera libera e personale, apportando al narrato le proprie associazioni visive ed emotive.

Una volta mostrata l'illustrazione del percorso compiuto, l'animatore-narratore guida l'eroe lungo il tragitto verso il castello. "Stai strisciando in un mare d'erba. L'erba cresce a vista d'occhio. Vuoi alzarti, ma cadi. Cammini a pecorella e cerchi di farti strada scostando l'erba con le mani. L'erba continua a crescere. Non riesci più a vedere al di là del tuo naso. Tocchi con le mani un grande masso. Poggiandoti sul masso riesci finalmente a metterti in piedi. Ricadi e riprovi ad alzarti finché non riesci a camminare sulle tue gambe.

Ora puoi continuare ad esplorare il prato per cercare una via di uscita. Facendoti largo tra l'erba sempre più alta scorgi un raggio di sole. Sei finalmente fuori dal prato. C'è un ruscello di fronte a te. Un altro ostacolo. Per attraversarlo devi camminare su della pietre in bilico. Ti tieni in equilibrio con molta difficoltà. Hai attraversato il ruscello. La terra ti brucia sotto i piedi. Stai camminando su dei carboni ardenti. Improvvisamente ti assale un freddo intenso. Nevica. La neve ti arriva fino alle ginocchia.

Procedi con molta fatica a passi lenti e brevi. Incontri un lago ghiacciato. Cerchi di attraversarlo. Le lastre di ghiaccio tremano sotto i tuoi piedi. Per restare in equilibrio stendi in fuori le braccia. Attento a non cadere nell'acqua gelata! Ecco! Ce l'hai fatta! Anche il lago è stato superato. Ora hai di fronte a te il castello. Ma come tutti i castelli, è circondato da un profondo fossato pieno di coccodrilli. Forza! Fai un bel salto e... hop sei fuori al cancello della reggia. Spingi con forza il cancello e ti trovi in un enorme giardino incantato...".

Tutto il tragitto nella valle può essere considerato come un percorso psicomotorio mirato a ripetere e rivivere la conquista della posizione eretta da parte del bambino nei primi anni di crescita. Dopo la gestazione e la nascita (arrivo nella grotta e uscita) comincia l'avventura della vita e la conquista dell'indipendenza dell'individuo.

- III -

Ormai nel giardino del castello, il nostro eroe affronterà una sorta di gymkhana prima di accedere alle sale della reggia. Tale gymkhana sarà condotta tenendo presente le seguenti fasi:

- camminare

- correre

- saltare

- lanciare e afferrare

- arrampicarsi discendere e scavalcare

Naturalmente tali fasi vanno intessute nel narrato nel modo più avvincente possibile, così da motivare l'attività locomotoria dei bambini attraverso la loro impersonificazione fantastica con le avventure dell'eroe.

Alla fine della gymkhana il bambino-eroe è giunto alle porte del castello. Il narratore lo invita a trovare un modo per aprire e accedere finalmente al castello.

Quando uno dei bambini escogita una soluzione sufficientemente fantasiosa e originale (la forza di un soffio, una testata, un meccanismo nascosto tra i mattoni o altro) le porte si aprono come per incanto.

Una volta entrati, i bambini si trovano in una stanza completamente buia e silenziosa. Improvvisamente si ode la voce del mago che dà il benvenuto nel castello e avvisa l'eroe che dovrà percorrere dieci piani e superare altrettante prove per rincontrare i suoi amici.

Come con il primo incontro, chiuderemo qui, con la voce malefica del mago, questa terza sessione del percorso.

 

LA MEMORIA

Mentre che stavamo giocando è venuto un forte vento.

Dopo del vento ha fatto una pioggia invisibile che non ci faceva vedere niente.

Ci siamo riparati in una grotta che prima era grande poi diventava sempre più piccola.

Usciti dalla grotta è venuta una forte luce che non ci faceva vedere niente.

(Luca, prima B)

 

Poi le nuvole si sono oscurate è venuta una pioggia magica e i bambini sono diventati invisibili e sono scappati in una caverna.

Era buia, accogliente, calda, la caverna era sempre più stretta e i bambini dovevano strisciare e videro una luce abbagliante.

(Valentina, plesso Palasciano)

 

- IV -

Dopo aver ripetuto con l'aiuto dei bambini le peripezie per giungere al castello, il narratore li invita a salire le scale che portano al primo piano.

Aperta la porta di questo primo piano, i bambini incontrano la MAGA CIRCE che vuole trasformarli tutti in maiali. L'unico modo per salvarsi è giocare d'astuzia e fingere di essere già degli animali. Pertanto, ognuno di loro dovrà riuscire a ingannare la maga attraverso l'imitazione di animali di ogni specie e natura.

Si ricostituisce il cerchio. Ogni bambino imita l'andatura e le movenze di un animale. Quando gli altri hanno individuato di che animale si tratta, il bambino-eroe è libero di passare al secondo piano. Prima, però, si dirige verso un altro bambino e lo tocca. Il bambino che viene toccato intraprende la sua imitazione ripetendo lo stesso schema.

Il gioco si ripete fino alla liberazione di tutti i bambini dal giogo della strega.

- V -

Al secondo piano i bambini si trovano al cospetto del GIGANTE POLIFEMO.

Polifemo dorme seduto accanto alla porta di accesso al terzo piano con la chiave poggiata a terra ai suoi piedi. I bambini devono attraversare la stanza lentamente e senza fare rumore, perché il gigante non si renda conto della loro presenza.

Da questo momento, l'azione ricalca il celebre gioco dell'osso del cane. I bambini cercano di sottrarre la chiave all'assonnato Polifemo. Di tanto in tanto il gigante, ancora mezzo addormentato, indica una qualche direzione. Se da quel lato c'è un bambino in movimento, costui dovrà fermarsi e tornare indietro. Basta che un solo bambino riesca a prendere la chiave ed aprire, perché tutti possano passare il turno.

- VI -

Al terzo piano una STREGA trasforma tutti i bambini in tipi strani. Ogni bambino deve attraversare la stanza compiendo azioni insolite o trasformandosi in "tipo strano", ovvero facendo smorfie, camminando in modo bizzarro, indossando i suoi abiti in modo originale o facendo qualunque altra cosa inconsueta gli suggerisca la sua immaginazione. Arrivato vicino alla porta, se la strega reputa che sia abbastanza strano, il bambino passa il turno. Altrimenti dovrà subire un'ulteriore trasformazione che lo renda ancora più strano. Una volta passati al piano successivo, si spezza l'incantesimo e i bambini tornano ad assumere il loro aspetto originario.

 

LA MEMORIA

Mi piace i tipi strani perché mi fanno ridere.

(Enzo, plesso Palasciano)

A me piacciono molto i tipi strani perché sono strana e mi diverto molto a fare il tipo strano.

(Roberta, plesso Palasciano)

- VII -

Giunti al quarto piano, i bambini si trovano di fronte a un MATTO che offre loro due bicchieri colmi di bevande misteriose, invitandoli a scegliere da quale recipiente attingere. In un bicchiere c'è acqua e sale e nell'altro acqua e zucchero. Il matto afferma che "chi beve l'acqua dolce può passare, chi beve quella salata deve restare".

Naturalmente ai bambini che è toccato di bere l'acqua salata vengono offerte altre prove, finché non sono passati tutti al quinto piano. Né mancheranno bambini che "bareranno" e affermeranno di aver bevuto l'acqua dolce, nascondendo il disgusto per aver bevuto acqua e sale per gabbare il matto e superare il turno in barba alle regole del castello.

 

LA MEMORIA

A me mi piace molto al castello, questo pericolo consisteva a bere l'acqua.

Con l'acqua dolce si andava con l'acqua amara si restava e con la limonata siamo andati tutti.

Pensavo di non superarlo ma invece ci sono riuscito.

(Paolo, plesso Palasciano)

- VIII -

Al quinto piano, i bambini vengono trasformati tutti in seme da un malefico ORCO. Perché possano tornare umani, debbono prima ripercorrere tutta la vita vegetale dal seme alla fioritura della pianta.

Si fanno rannicchiare a terra i bambini-seme.

L'orco li innaffia.

Dai semi spuntano le radici: le loro gambe si distendono. Dalle radici germoglia la pianta: i bambini si inginocchiano con i piedi-radice ben piantati per terra. Trascorrono le stagioni, la pianta cresce: i bambini lentamente si alzano, mantenendo le braccia aderenti al corpo e le mani chiuse a mo' di pugno. Dalla pianta spuntano i primi rami: i bambini stendono le braccia. Dai rami vengono fuori le foglie: si aprono le mani. L'orco smette di innaffiare e si allontana. La foresta di bambini riprende le sue sembianze umane. Battono tutti le mani e si avviano verso la prossima avventura.

Ovviamente, i movimenti e i tempi dell'azione vanno lasciati alla discrezionalità ed alla libera espressività dei bambini. Non bisogna stare lì ad indicare che debbono alzarsi per simulare la crescita della pianta o stendere le braccia per rappresentare lo spuntare dei rami (gli stessi movimenti suggeriti qua sopra sono indicazioni che hanno significato meramente esemplificativo e non prescrizioni da far ripetere in modo pedissequo e pappagallesco). I bambini debbono compiere gesti e movimenti dettati dalla loro propria sensibilità.

Al limite, l'animatore può rappresentare la posizione iniziale per dare un input all'azione. Ma per il resto tutto deve essere libero e spontaneo.

Un ulteriore stimolo per la libertà espressiva dei bambini può essere una musica di sottofondo che li aiuti a rilassarsi e concentrarsi.

- IX -

Al sesto piano una SFINGE sfida i bambini con delle prove di abilità fondate sui cinque sensi.

Ad un gruppo di una decina di bambini vengono distribuiti dei solidi di diversa forma e consistenza. Ognuno dovrà tirare fuori da un sacco un solido di forma e consistenza uguale a quello in suo possesso aiutandosi solo con le capacità riconoscitive del suo tatto.

Altri gruppi sono sfidati a riconoscere odori e sapori (limone, rosmarino, prezzemolo, caffè, ecc.) e/o ad associare dei suoni con delle immagini (p. e. il suono di uno starnuto con un'illustrazione raffigurante un uomo con un fazzoletto in mano).

Altri ancora dovranno riconoscere un oggetto semplicemente toccandolo.

 - X -

Giunti al settimo piano, un UOMO INVISIBILE colpisce i bambini su diverse parti del corpo.

I bambini debbono via via proteggere con le mani le parti che l'uomo invisibile sta per toccare. In pratica, se l'uomo invisibile dirà: "Ora ti bastonerò sulla gamba destra", tutti dovranno portare le loro mani sulla gamba destra - dimostrando così buona conoscenza dello schema corporeo e coscienza di sé.

- XI -

All' ottavo piano un UOMO NERO fa diventare tutti molli molli.

I bambini dovranno trascorrere in quella stanza un'intera giornata da molli: dovranno alzarsi da molli, lavarsi da molli, mangiare da molli, camminare e giocare da molli.

Naturalmente, sarà un animatore con la sua voce a guidarli in questa singolare giornata.

- XII -

Appena entrati nella stanza del nono piano, un FOLLETTO MALIGNO fa ridere tutti a crepapelle utilizzando la sua piuma magica per fare il solletico ad ogni bambino.

Ridendo a più non posso, i bambini percorrono la stanza e si avviano all'ultimo piano del castello.

- XIII -

Finalmente arrivati al decimo ed ultimo piano, si trovano al cospetto del RE NERO.

Il re costringe tutti ad essere impauriti, arrabbiati, tristi, disgustati, gioiosi... Poi li mette alla prova riproponendo alcune delle prove affrontate nei piani precedenti.

Alla fine invita tutti a passare nel terrazzo del castello, dove li aspetta il MAGO con la sua ultima, difficilissima prova, superata la quale i nostri eroi potranno rivedere gli amici e ricongiungersi con loro.

- XIV -

Sul terrazzo si torna a sentire la perfida e malefica voce del mago.

"Maledetti! Avete osato sfidare la mia potenza e siete riusciti ad arrivare fin qua sopra. Ma non illudetevi. Non è finita. Vi aspetta l'ultima, terribile prova. Sarete destinati a rimanere prigionieri di queste mura per l'eternità, se almeno uno di voi, piccoli esseri invisibili, non riuscirà a risolvere questo indovinello. In guardia, dunque: Sta più in alto del monte più alto. Si alza molto presto e fa scuro quando si addormenta. Forza, smorfiosetti! Di che si tratta?"

Allorquando un bambino riesce a risolvere l'enigma [il sole], si scioglie l'incantesimo e tutti gli eroi tornano ad essere l'uno l'altro visibili. Per festeggiare l'incontro i bambini si riuniscono tutti insieme in un gioioso ed euforico girotondo che segna il finale delle loro peripezie dentro e fuori dal castello.

Dopo il girotondo e la conclusiva caduta "tutti-giù-per-terra", i bambini sprofondano in un lungo sonno - quasi come per racchiudere tutto il "percorso immaginativo" in un sogno compiuto collettivamente e vissuto individualmente da tutti i bambini.

In ogni caso, va tenuto presente che questo finale con girotondo è opportuno solo nei casi in cui l'intero intervento sia stato ripartito in più giornate. Qualora, invece, il castello venisse percorso nell'arco di una sola giornata, sarebbe preferibile concludere facendo direttamente cadere in un sonno rilassante e ristoratore i protagonisti di cotante avventure.

 

Gaetano Vergara, 1985-99 ©© Some rights reserved

 

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